Autofluorescenza 2013

autofluorescenza normale e patologica

L’occhio normale presenta un lievissima fluorescenza spontanea che è detta “Autofluorescenza”. Questa minima autofluorescenza spontanea, non è visibile normalmente. E’ possibile senza iniezione di mezzo di contrasto di aumentare questa autofluorescenza spontanea con apparecchiature speciali che la mettono in evidenza facilmente.L’occhio patologico evidenzia nelle immagini di autofluorescenza della aree di iperautofluorescenze e di ipoautofluorescenze, spesso tipiche della malattia studiata.

Le immagini di autofluorescenza sono diventate recentemente una nuova tecnica diffusa non solo per i dati nuovi che fornisce ma anche perché non è invasiva, è rapida e di basso costo.

L’autofluorescenza non può sostituire i dati ottenuti mediante l’esame oftalmoscopico e la fluorangiografia o l’angiografia al verde di indocianina, che rivestono un ruolo “ufficiale” e riconosciuto nella diagnosi e nel follow-up di molte patologie retiniche, ma porta in certe patologie elementi nuovi ed utili.

scopo dello studio dell’autofluorescenza

Questa metodica ha preso recentemente importanza per la maggiore facilità di esecuzione dell’esame, grazie alla presenza di nuovi strumenti commerciali ma anche e soprattutto dalla possibilità di ottenere graficamente l’espressione di un dato funzionale.

autofluorescenza normale

l’aspetto luminoso caratteristico di un fotogramma di autofluorescenza è la risposta della lipofuscina ad una illuminazione di determinata lunghezza d’onda che riesce ad oltrepassare il filtro di sbarramento. La lipofuscina costituisce uno dei numerosi prodotti di scarto del metabolismo dei fotorecettori e si accumula nelle cellule dell’epitelio pigmentato retinico. La lipofuscina non viene completamente digerita e pertanto si accumula nel corpo della cellula dell’epitelio pigmentato.La lipofuscina provoca la congestione citoplasmatica, fino a portare alla morte cellulare (apoptosi). Dunque più una cellula dell’epitelio pigmentato è malata, più risulta ricca in lipofuscina, più questa apparirà luminosa in autofluorescenza. L’aspetto in autofluorescenza di una cellula in apoptosi (cellula morta spontaneamente) si traduce in un’assenza di segnale (area nera).Un fotogramma di autofluorescenza retinica normale mostra la papilla ottica ed i vasi retinici completamente neri su di uno sfondo retinico biancastro, più scuro al livello maculare, in quanto i pigmenti maculari esercitano un effetto schermo. Ricordando che la concentrazione di lipofuscina all’interno della cellula dell’epitelio pigmentato retinico rappresenta un indice dello “stato di salute” della cellula, l’aspetto del fondo di un giovane apparirà globalmente meno autofluorescente di quello di una persona anziana. La lipofuscina inizia ad accumularsi all’interno delle cellule dell’epitelio pigmentato retinico già dai primi 16 mesi di vita aumentando fino a circa 70 anni di età.

come eseguire una fotografia retinica in autofluorescenza

Per ottenere un’immagine retinica in autofluorescenza è sufficiente illuminare la retina con una sorgente luminosa blu cobalto e schermare la fluorescenza di ritorno con un filtro giallo, proprio come avviene per la fluorangiografia..Per acquisire un’immagine retinica in autofluorescenza mediante l’angiografo acquisisce un certo numero di fotografie del polo posteriore e successivamente calcola l’immagine media di almeno 12 fotogrammi consecutivi.

autofluorescenza patologica

Anche se ancora non si conoscono tutte le possibilità di questa metodica, risultati clinici importanti sono stati ottenuti in patologie retiniche come la degenerazione maculare legata all’età, il foro maculare, le degenerazioni retiniche eredofamiliari e nellamalattia di Best. la retinite pigmentosa, la forma pseudovitelliforme.Numerose osservazioni condotte su queste patologie consentono di facilitare, completare e talvolta consentire la diagnosi nei casi dubbi in cui l’angiografia tradizionale non ha dato informazioni sufficienti.

Non è possibile sostituire con l’autofluorescenza l’esame oftalmoscopico e la fluorangiografia o l’angiografia al verde di indocianina, che rivestono un ruolo riconosciuto nella diagnosi e nel follow-up delle malattie retiniche.

Iperautofluorescenze e Ipoautofluorescenze

Le iperautofluorescenze sono in genere determinate dall’accumulo di lipofuscina nelle cellule dell’epitelio pigmentato retinico. Quando la cellula dell’epitelio pigmentato si trova in stato di sofferenza, aumenta la concentrazione intracellulare di lipofuscina e di conseguenza l’autofluorescenza. Le lesioni iperautofluorescenti di solito precedono e permettono di prevedere la comparsa nella stessa sede di fatti atrofici, prima che questi siano visibili alla fluorangiografia. Le ipoautofluorescenze invece sono espressione di atrofia dovuta all’assenza di epitelio pigmentato (e quindi di lipofuscina) o di strutture fisiologicamente o patologicamente non autofluorescenti. L’ipoautofluorescenza può essere anche causata da un effetto schermo, come accade in fluorangiografia, ed ancora può essere totale o parziale. L’apoptosi cellulare (morte cellulare) determinerà invece una ipoautofluorescenza assoluta.

Iperautofluorescenze

  • I margini delle aree atrofiche nella degenerazione maculare legata all’età
  • Le drusen
  • L’epiteliopatia retinica diffusa
  • Anello paramaculare nella retinite pigmentosa
  • fase iniziale della malattia di best
  • Il territorio adiacente la membrana neovascolare trattata con terapia fotodinamica
  • Accumuli di pigmento (degenerazione maculare legata all’età)
  • Occlusione venosa dei giovani (per congestione del circolo coroideale)
  • Il fondo oculare dell’anziano (come espressione della senescenza tissutale)

Ipoautofluorescenze totali

Tessuti fisiologicamente non autofluorescenti (disco ottico, vasi retinici, area maculare)tessuti patologici non autofluorescenti (membrane fibrovascolari, cicatrici fibrose)formazioni non autofluorescenti che producono mascheramento (emorragie preretiniche, intraretiniche, sottoretiniche)punti di diffusione del colorante nella corioretinopatia sierosa centralearee di atrofia dell’epitelio pigmentato retinico nell’epiteliopatia retinica diffusa e nelle distrofia dell’epitelio pigmentato (es. ali di farfalla)

ipoautofluorescenze parziali

distacchi sierosi del neuroepitelio (mascheramento dovuto alla falda sierosa) corpi mobili vitreali fase iniziale delle distrofie dell’epitelio pigmentato retinico

degenerazione maculare legata all’età

Nello studio della degenerazione maculare legata all’età, l’analisi della macula con autofluorescenza aiuterebbe a definire l’estensione delle aree di atrofia ed in qualche modo anche a prevedere dove l’atrofia andrà ad estendersi. Osservando infatti un’immagine in autofluorescenza di una degenerazione maculare legata all’età con membrana neovascolare centrale ed area di atrofia peri lesionale si è osservata una autofluorescenza maggiore al livello di aree retiniche oftalmoscopicamente sane ma adiacenti all’atrofia. Un aumento focale dell’autofluorescenza è indice di una maggiore sofferenza cellulare dunque l’aumento dell’estensione dell’atrofia progredirebbe in quella direzione più che verso una regione retinica con autofluorescenza normale.

retinite pigmentosa

Osservazioni condotte su pazienti affetti da patologie retiniche eredodegenerative hanno evidenziato caratteristiche più costanti nelle forme di retinite pigmentosa pura, senza aspetti sindromici associati. È stata osservata una formazione iperautofluorescente di forma anulare al livello del polo posteriore. L’estensione di tale formazione sembrerebbe correlata con l’ampiezza del campo visivo in quanto alla riduzione dell’uno, corrisponde una riduzione dell’altra.

Un aspetto importante sarebbe anche la valutazione dell’autofluroescenza di fondo nei soggetti che ancora non hanno manifestato segni clinici di malattia, in quanto il livello di fluorescenza di fondo sarebbe costantemente aumentato

L’Autofluorescenza è un esame:

  • semplice (la curva di apprendimento è breve)
  • rapido (frazione di secondo)
  • affidabile
  • sensibile riproducibile
  • non invasivo ( non necessita di iniezione) – non a contatto – innocuo
  • poco costoso

Permette di:

  • diagnosticare certe alterazioni non evidenziate dalle angiografie
  • memorizzare
  • quantificare le lesioni, valutare la superficie di una lesione
  • seguire l’evoluzione spontanea della lesione retinica
  • riconoscere le aree la cui evoluzione andrà verso l’atrofia
  • valutare gli effetti di un medicinale

Figura 1: autofluorescenza in un caso di degenerazione maculare atrofica. Le aree nere rappresentano le aree di atrofia. I margini dell’atrofiamostrano una punteggiatura iperautofluorescente per l’accumulo di lipofuscina che precede la morte cellulare

autofluorescenza in un caso di degenerazione maculare atrofica

Figura 2: autofluorescenza in un caso di degenerazione maculare atrofica molto più grave ed evoluto. La zona nera rappresenta l’atrofia totale. I margini dell’atrofia sono iperautofluorescenti per l’accumulo di lipofuscina che precede la morte cellulare

autofluorescenza in un caso di degenerazione maculare atrofica molto più grave ed evoluto

Figura 3: iperautofluorescenza in un caso di degenerazione maculare di tipo pattern dystrophy.. Certe zone sono iperautofluorescenti per l’accumulo di pigmenti fluorescenti, in questo caso non sono lipofuscina

iperautofluorescenza in un caso di degenerazione maculare di tipo pattern dystrophy

Figura 4: iperautofluorescenza in un caso di degenerazione maculare di tipo pseudovitelliforme. Certe zone sono iperautofluorescenti per l’accumulo di lipofuscina

iperautofluorescenza in un caso di degenerazione maculare di tipo pseudovitelliforme